L'analisi dei sogni
Sognare è umano
Fin dalle epoche più remote, l’essere umano è sempre stato affascinato dal mondo dei sogni.
Ed è abbastanza naturale, considerato che il tempo che passiamo dormendo rappresenta circa un terzo della nostra vita.
Forse non tutti ricordano i propri sogni al risveglio, ma è ormai comprovato che sogniamo per almeno un 20% del tempo passato dormendo.
Dormire è divino
Dormire è divino
Ancora non si è riusciti a definire in modo univoco e preciso il sonno.
Volendo estrapolarne gli aspetti principali, possiamo dire che è:
uno stato di riposo contrapposto alla veglia
caratterizzato da un rallentamento delle funzioni neurovegetative
e dall'interruzione parziale dei rapporti sensomotori del soggetto con l'ambiente (a parte nel caso del sonnambulismo)
da uno stato modificato della coscienza
e dalla percezione di immagini e suoni riconosciuti come reali dal soggetto sognante.
È ciclico, in quanto appartenente al ritmo biologico innato degli esseri viventi, e prontamente reversibile (aspetto importante per poterlo differenziare da uno stato comatoso).
A cosa serve sognare?
A cosa serve sognare?
Fatto degno di nota è, inoltre, che la funzione biologica del sogno ad oggi è ancora sconosciuta.
Secondo Plutarco i sogni sono lo specchio dell’anima, ovvero il riflesso di ciò che siamo, la manifestazione più pura e sincera dei nostri desideri. Questo autore nei suoi testi parla delle malattie del corpo come contrapposte a quelle dell’anima, ossia i vizi, che ci impediscono di compiere progressi e ci rendono schiavi impotenti.
Il padre della psicoanalisi Sigmund Freud definisce invece il sogno, oltre che la via regia per accedere all'inconscio, come il “custode del sonno”, ovvero ciò che permette alle persone di rimanere addormentate attraverso l’appagamento allucinatorio di desideri rimossi.
Solo perché non abbiamo
appreso a dare rilievo ai Sogni
come un vero campo di esplorazione,
non vuol dire che non lo siano.
Gli Egizi e l'interpretazione dei sogni
Gli Egizi e l'interpretazione dei sogni
Per gli antichi Egizi il sogno gode di un’attenzione speciale.
Si riteneva infatti che le visioni oniriche fossero la congiunzione dell’essere umano con le divinità, e che in sogno loro consegnassero un messaggio che permettesse alla persona di conoscersi meglio, aiutandola a risolvere i problemi quotidiani o a prendere decisioni.
In un mondo interpretato alla luce di questa concezione, attribuendo alle visioni notturne anche il potere di svelare eventi futuri e fornire rimedi medicamentosi per curare alcune malattie, il confine tra sogni, magia e medicina è molto sottile.
Gli interpreti dei sogni ricevevano un’accurata preparazione ottenuta mediante anni di studio, trascrizione di manoscritti e partecipazione a rituali presso il tempio di Amun a Karnak.
Questi “indovini” erano diventati talmente popolari da godere di una grande considerazione. Guadagnavano molto denaro, questo è vero, ma assicuravano la veridicità delle previsioni con la loro stessa vita.
In caso di evidente sbaglio sull’interpretazione, infatti, venivano uccisi.
I Greci e l'incubazione
I Greci e l'incubazione
La tricotomia sogni-magia-medicina era ancora più radicata presso i Greci.
Difatti al loro tempo erano presenti molti santuari dedicati ad Asclepio il dio della medicina (Esculapio per i latini), chiamati ‘templi dell’incubazione’ per via della pratica che vi si svolgeva.
Nei giorni precedenti al pernottamento nel tempio, i sacerdoti ed i fedeli si dedicavano a un rituale di purificazione sottoponendosi ad una dieta sacra che riusciva a far produrre in loro dei sogni chiari grazie allo stato di purezza spirituale.
Infatti, si era notato già dall'epoca faraonica che un eccesso di alimenti provoca sogni confusi perché sottopone il fisico ad una gran fatica, mentre una dieta bilanciata permette di produrre sogni chiari e attendibili.
Il rituale prevedeva che, dopo aver offerto sacrifici e aver invocato il dio, l’ammalato dormisse nei pressi del tempio in trepida aspettativa che il dio gli apparisse in sogno.
Le cure erano essenzialmente di due tipi: o Asclepio guariva miracolosamente il paziente, intervenendo magari durante il sonno, oppure gli prescriveva una terapia.
Nel tempio c’era un gruppo di ‘veggenti medici’ o uomini di medicina, di terapeuti potremmo dire noi, chiamati iatromanti, che interpretavano le istruzioni del dio e restituivano al malato il trattamento prescritto in sogno.
Il sognare tra i filosofi Greci
Il sognare tra i filosofi Greci
Erodoto fu il primo a spiegare i sogni come preoccupazioni accumulate durante il giorno che venivano fuori durante la notte.
Democrito pensava che fossero delle immagini spettrali che penetrano nel corpo attraverso i pori.
Per Platone, il sogno dipende primariamente da quale delle tre parti della nostra anima (ragione, sentimento o animalità) fosse quella più attiva in quel determinato momento.
Ippocrate affermava che i sogni sono la visita che l’anima effettua nelle varie parti del corpo, avvalorando il valore diagnostico del sogno in quanto l’anima potrebbe quindi avvertire la persona dello stato morboso di un organo attraverso le immagini oniriche.
REM, o non REM?
REM, o non REM?
Nel 1953 Eugene Aserinsky, allora studente di dottorato, mentre usava un poligrafo per registrare le onde cerebrali durante il sonno notò che alle volte gli occhi dei dormienti si muovono come se stessero guardando qualcosa, pur sotto le palpebre chiuse.
Questa semplice osservazione permise di differenziare il sonno in una fase REM (Rapid Eye Movement - con movimenti oculari rapidi) e in diverse fasi non-REM.
Infatti il sonno non è costituito da una semplice discesa da leggero a profondo e risveglio, ma è composto da 5 diversi stadi: 4 non-REM ed uno REM. (vedi sotto)
In condizioni normali il sonno segue cicli della durata di 90-110 minuti, cicli in cui REM e non-REM si alternano più volte, con una prevalenza del sonno profondo nella prima parte e una presenza della fase REM crescente a ogni ciclo.
Fasi e sfasi
Fasi e sfasi
Fasi di sonno diverse portano a differenti risvolti sulla mente e sul corpo.
Mentre la fase di sonno più profondo, caratterizzata da una prevalenza nel cervello di onde delta, è necessaria al corpo per riposare e rigenerarsi, le fasi REM sono quelle in cui la mente è più attiva e può riaggiornare e rielaborare pensieri, memorie e vissuti della veglia.
Per via di questa maggiorata attività, la fase REM è da sempre stata associata al sogno.
Una delle spiegazioni principali riguarda il fatto che le persone risvegliate mentre sono in questo assetto impiegano meno tempo a riprendere coscienza e ricordano con maggior frequenza e vividezza i sogni che stavano facendo, mentre quelle risvegliate da un sonno più profondo hanno più difficoltà perché il cervello deve riprendere i giri per tornare al normale livello di coscienza, come fosse un diesel che ci mette un po’ a carburare.
Sogno, allucinazione e realtà
Sogno, allucinazione e realtà
Grazie alle moderne tecniche di neuroimaging, come ad esempio la fMRI (risonanza magnetica funzionale) o la PET (tomografia a emissione di positroni), negli ultimi anni è stato possibile ricostruire e comparare l’immagine funzionale del cervello di persone che stanno sognando, avendo delle allucinazioni o semplicemente immaginando un qualche oggetto.
In questo modo si è potuto dimostrare che durante tutte queste attività si attivano le stesse aree cerebrali che verrebbero attivate se la stimolazione fosse reale:
le aree che si attivano quando compiamo un’azione sono le stesse che si attivano nel momento in cui la sogniamo o immaginiamo di compierla, e le zone stimolate dalla visione di un oggetto sono le medesime che si vanno ad attivare nel caso di un’allucinazione visiva dello stesso.
Come osserva Stephen LaBerge, psicofisiologo specializzato nella ricerca scientifica sul fenomeno del ‘sogno lucido’:
“Il sogno può essere inteso come un particolare tipo di percezione libera dalle limitazioni degli input sensoriali esterni;
e al contrario, la percezione può essere considerata come un particolare tipo di sogno vincolato dagli input sensoriali.”
Gli aborigeni australiani e il Tempo del Sogno
Gli aborigeni australiani e il Tempo del Sogno
Per la maggior parte degli aborigeni australiani, il mondo dei sogni è tanto reale quanto quello della vita ordinaria; anzi, esso è ciò che sorregge l’intera architettura della realtà. Proprio da questo discenderebbero gli oggetti e gli eventi che si manifestano a livello fisico.
Tutte le culture aborigene hanno alla base la credenza nel ‘dreamtime’ o tjukurpa, il Tempo del Sogno. Con questo termine intendono sia il “tempo prima del tempo”, dove la terra era ancora un luogo piatto, vuoto, in cui non esistevano neanche le stelle, come anche il “tempo della creazione”, momento in cui gli antenati crearono le bellezze di questa terra.
I membri di queste tribù sono sorprendentemente ricettivi rispetto a ciò che definiscono la canzone o i taciti suoni della terra.
Percepiscono segnali precisi inviati dall’ambiente, sanno decifrarli e quindi agire di conseguenza, come se avessero sviluppato una sorta di ricetrasmittente attraverso cui vengono convogliati i messaggi dell’universo.
Queste popolazioni non sognano di notte, a meno che non lo vogliano. Il sonno per loro è un momento destinato al riposo e all’accumulo di nuove forze, e non dev’essere usato in attività diverse.
Se invece, per esempio, desiderano essere aiutati a capire un rapporto interpersonale, una faccenda di salute o lo scopo nascosto dietro una certa esperienza, allora cercano risposta nei sogni.
Secondo loro, il motivo per cui noi occidentali sogniamo di notte è che nella nostra società non ci è consentito di farlo durante il giorno.
Al mondo tutti sognano, ma non tutti si curano di ricordare i propri sogni o di trarne insegnamento.
Il vero miracolo non è volare in aria
o camminare sulle acque,
ma camminare sulla terra.
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